GULP! 49 anni fa nasceva un programma che ha fatto la storia della tv
NICK CARTER – © BONVI – DE MARIA |
Eravamo alla fine dei Sessanta, il Sessantotto
era passato lasciando un segno profondo soprattutto nel costume, nei gusti, non
soltanto dei giovani ma anche degli adulti che avevano preso a farsi crescere i
capelli, baffi alla messicana e barbe lunghe ed incolte. I giovani portavano i
jeans e d’inverno l’eskimo che era una specie di giubbotto militare di tela
verde: qualche giovane di allora lo ha conservato gelosamente nell’armadio.
Anche io lo avevo conservato ma mia moglie se ne è disfatta proditoriamente
regalandolo alla Caritas, non sapendo, la tapina, che si trattava di un cimelio
che nel suo piccolo aveva contribuito a fare la storia. Ma gli adulti
cominciavano a farsi sedurre dalla moda che incominciava a proporre pantaloni a
zampa di elefante, giacche vittoriane, camicie attillatissime che al primo aumento
di volume dovuto ad abbondanti libagioni facevano partire a raffica tutta la
bottoniera, uomini con i basettoni e donne con i capelli cotonati. Insomma quel
museo degli orrori che fu la moda degli anni Settanta.
Governi negli anni '70 |
I gusti musicali erano cambiati radicalmente, grazie ai Beatles e alla rivoluzione del rock. Anche quelli degli adulti stavano diventando meno provinciali. C’era stato anche la riscoperta del fumetto, grazie a un gruppo di intellettuali che erano stati ragazzi negli anni Trenta, il decennio d’oro del fumetto americano, come Umberto Eco e come Oreste Del Buono. Era nato, già nel 1964, un grande mensile come Linus, a cui si aggiunsero ben presto anche il Mago e Eureka. La scuola del fumetto italiano stava avendo un grande rilancio, grazie anche a Carosello che proponeva anche storie disegnate, di cui i telespettatori ignoravano tutto (autori, registi, disegnatori) ma che erano realizzati da grandi personaggi, come Paul Campani che operava a Modena in una specie di stabilimento, con teatri di posa, moviole, macchine da presa verticali e decine di dipendenti, tra cui alcune ragazze che ti facevano girare la testa. E fu proprio un Carosello di Paul Campani che mi dette l’idea.
Mi misi alla ricerca di persone con cui
realizzare un programma che non fosse sui fumetti ma fatto con i fumetti, un
programma, insomma, basato sul linguaggio dei fumetti che raccontasse storie
disegnate.
Il primo nome che annotai sul mio taccuino era
quello di Paul Campani, di cui praticamente ignoravo quasi tutto. Qualcuno mi
aveva detto che in gioventù Campani aveva fatto il disegnatore di fumetti (un
suo personaggio, quello di Mister X, che noi ragazzi chiamavamo Misterix)
riaffiorò dalla mia adolescenza, poi, dopo una lunga esperienza all’estero era
tornato in Italia e si era messo a lavorare per la pubblicità, i caroselli
appunto, dove aveva inventato personaggi disegnati di grande successo, come, ad
esempio, L’Omino coi Baffi, che finirà come marchio sulla “moka” Bialetti, che
diceva sempre “Sì, sì, sì, sembra facile…”.
Il secondo nome fu quello di Bonvi che avevo
incontrato nella rivista Off Side,
dove aveva preso a pubblicare le Sturmtruppen, prima di vincere il concorso di Paese sera, che gli dette popolarità
nazionale e anche internazionale. Oltre alle Sturmtruppen Bonvi pubblicò, a
puntate, anche Storie
dello spazio profondo che erano sceneggiate dal cantautore, allora per
niente famoso, Francesco Guccini. Bonvi mi aveva colpito per il disegno
caricaturale e chiaro nello stesso tempo che mi sembrò subito molto adatto al
mezzo televisivo che richiede semplicità.
L’occasione per conoscere i protagonisti del
fumetto italiano me la dette subito il Salone dei Comics che
si teneva a Lucca da alcuni anni. Lì, nella bella città toscana mi aspettavo di
trovare chissà che cosa (interi palazzi patrizi dedicati ai fumetti) e invece
mi accorsi che tutto si svolgeva dentro il Teatro del Giglio dove si faceva
qualche proiezione e dove gli esperti (Traini, Laura, Calisi, Trinchero ed
altri) disquisivano sul linguaggio del fumetto, mentre nei piani alti del teatro
i collezionisti si scambiavano i pezzi pregiati della loro collezione. Scopersi
che il giornaletto più prezioso era Topolino
e il cavallo Piedidolci, la cui quotazione era arrivata a trecento mila
lire, una cifra pazzesca per quell’epoca, pari a tre stipendi di un impiegato.
Il tutto si svolgeva nell’indifferenza generale della città. Insomma, Lucca
(così gli addetti ai lavori chiamavano familiarmente il Salone) non era ancora
diventata quella manifestazione importante anche a livello mondiale che sarà
negli anni Settanta e ai miei occhi di profano sembrò quasi una riunione di
carbonari.
Bonvi disegna Bonvi |
Bonvi mi trattò con sufficiente deferenza. Mi chiamò dottore e mi dette subito del lei, forse per stabilire le distanze che devono esserci fra un artista e un funzionario che viene ad offrire un’occasione di lavoro e dal quale il creativo deve, come si suol dire, farsi tirare la calzetta, che poi vuol dire fingere di essere molto impegnati e scarsamente interessati alle proposte che il funzionario ti viene a fare. Insomma, io che volevo interpretare il mio ruolo di funzionario in maniera creativa, rimasi un po' seccato dall’atteggiamento di Bonvi e non sospettai minimamente che sotto quella divisa si nascondeva un uomo buono e geniale, generoso fino alla dissipazione, con il quale stringerò una delle più belle amicizie della mia vita. Come accadrà del resto con Guido De Maria assieme al quale Bonvi venne al nostro primo incontro a Roma, che si rivelò subito il personaggio chiave di tutta l’operazione “fumetti in TV”, colui insomma che seppe dare concretezza alle mie vaghe intuizioni.
Di Bonvi saprò che si chiamava Franco Bonvicini
(ma soltanto alla moglie e madre dei suoi figli fu consentito chiamarlo con il
nome di battesimo), si era diplomato geometra, ma diceva di essere un
“geometro”, per rispetto alla lingua italiana, essendo lui di genere maschile.
Per tutta la vita ha disseminato la sua biografia di fatti e di elementi al
limite tra la realtà e la mitologia, tra il dramma e la beffa, in una continua
confusione, o commistione, con la fantasia. Bonvi insomma la sua vita l’ha
inventata giorno per giorno. Bonvi era l’ultimo spirito libero, l’ultimo
anarchico. In tutta la sua vita ha sempre combattuto, con le armi del ridicolo,
contro la burocrazia, il conformismo, la stupidità. Fino alla sua morte
assurda avvenuta pochi giorni prima del Natale del 1995.
In
più di trenta anni di lavoro e in mezzo secolo di vita il geometra Franco
Bonvicini creò capolavori che rimarranno nella storia del fumetto italiano e
mondiale. Ma il suo capolavoro fu la sua biografia inventata, giorno per
giorno, momento per momento, che gli permise di creare il mito di Bonvi che gli
sopravviverà per lungo tempo, anche al di là della memoria di chi lo conobbe.
E vengo a Guido De Maria. Chi non lo conosce
non sa che cosa sia l’ottimismo e la vita come miscela perfetta di impegno e di
gioco insieme.
Guido De Maria negli anni '70 |
Alla metà degli anni Sessanta Guido De Maria,
appena trentenne, dopo aver fatto l’umorista, aveva fondato una importante
società pubblicitaria che ideava e produceva bellissimi caroselli in
animazione. Francesco Guccini, che ancora non pensava di fare il cantautore,
lavorava per De Maria. Un giorno pensò di portare in ditta il giovane Bonvi
alla ricerca di un lavoro. Bonvi si sedette davanti a De Maria, lo guardò con
aria seria ed anche un po’ accigliata per qualche secondo, e poi disse: «E’
inutile insistere, non posso lavorare per lei, perché mi sto occupando di
colture idroponiche su Marte». In parole povere diceva di voler coltivare
pomodori su un altro pianeta. Guido fiutò subito il tipo e si mise a parlare
delle culture idroponiche, delle difficoltà che si incontra a coltivare i
pomodori su Marte e dei vantaggi che indubbiamente ne trarrebbe l’umanità se ci
fosse riuscita. Il tutto con la voce di Jerry Lewis. Bonvi capì che De Maria, se è possibile, era
più matto di lui e si fece assumere come disegnatore ed iniziò la sua storia
professionale.
Con la collaborazione di Guccini e Bonvi, De
Maria realizzerà uno dei caroselli in animazione più belli e divertenti di
quegli anni: Salomone, il pirata pacioccone.
Guido, che l’aveva ideato, faceva la regia, Francesco, assieme a Bonvi
collaborava alle sceneggiature e scriveva le strofette (“Son Salomone, il
pirata pacioccone...”), che venivano musicate da Franco Godi. Alla fine c’era
il pirata feroce che chiedeva con forte accento siciliano: “Lo possiamo
torturare?”. “Ma cosa vuoi torturare” rispondeva
Salomone “porta pazienza, so io come fargli aprire la bocca...”, e mi pare che
ricorresse all’amarena Fabbri. E Bonvi disegnava. Ma la cosa più curiosa era
che non disegnava “Salomone e la sua ciurma”, che venne sempre disegnato e
animato da Ebro Arletti, bensì una specie di “alter ego” di “Salomone” che
Bonvi chiamò “Capitan Posapiano” e che ideò e disegnò per le Edizioni Alpe. Erano disegni tondi, cordiali, di facile lettura,
nella scuola di Jacovitti (l’unico vero maestro di Bonvi), che poi ritroveremo
nei successivi personaggi, soprattutto in Nick Carter e in Marzolino Tarantola,
ma anche nelle Sturmtruppen. La
collaborazione con De Maria avrà il suo apice proprio in Supergulp!, con il personaggio di Nick Carter.
Ho sempre detto, e
dopo tanti anni intendo ribadirlo con forza, anche a futura memoria, che se
Bonvi, che io avevo contattato, non fosse venuto con Guido De Maria, i Fumetti
in Tv, e quindi Nick Carter che ne furono subito la guida e il pilota, non
sarebbero mai nati. Innanzi tutto perché Guido inventò la tecnica e fece
diventare un genere quello che era stata una mia semplice intuizione. E poi
Guido, quando io gli misi davanti i due personaggi, Petrosino e Nick Carter,
che avevo scelto per trovare il pilota di tutto il programma, Guido non ebbe
nessuna esitazione: scelse Nick Carter, perché – disse – era un personaggio
immaginario che noi avremmo potuto trattare anche in chiave parodistica con
grande libertà, mentre Petrosino era un personaggio reale, con una sua storia
che non poteva essere alterata in nessun modo.
Facemmo, quindi, due prove, una sul personaggio
di Petrosino, affidata a Paul Campani e a Max Massimino Garnier, e l’altra a
Bonvi e De Maria sul personaggio di Nick Carter. Petrosino (il poliziotto
italoamericano che fu ucciso dalla mafia a Palermo, all’inizio del secolo
scorso) era un personaggio troppo forte per sprecarlo in un fumetto ed infatti
diventò uno sceneggiato, con la regia di Daniele D’Anza e per la
interpretazione di Adolfo Celi, che ebbe grande successo. Scelsi Nick Carter,
un poliziotto appartenente alla letteratura popolare americana, che diventò il
perno intorno al quale si sviluppò tutta l’operazione. Bonvi e De Maria ne
dettero, come del resto Campani, una versione comico-grottesca che ci sembrava
la chiave giusta per una lettura televisiva. Soltanto in una fase più matura,
quella di Supergulp! per intenderci,
ricorreremo anche a storie di avventura.
© BONVI – DE MARIA |
Cochi e Renato presentano Gulp! (1972) |
Per non far apparire troppo innovativo il programma decidemmo di ricorrere alla presentazione di Cochi e Renato, una coppia di giovani comici in gran voga in quegli anni, anche se Guido e io avremmo preferito lasciare fuori da un programma di fumetti la figura umana. A questo arriveremo più tardi, quando avremo acquistato più coraggio e, soprattutto, più autonomia.
Ma per questo dovremo aspettare degli anni, perché dopo (e nonostante) il grande successo, I fumetti in Tv furono accantonati per cinque anni. Ci fecero realizzare la prima puntata (un pilota, si diceva allora) di una nuova serie più lunga e più articolata e poi ci tolsero i finanziamenti per passarli ad un programma molto costoso come Mosè, uno sceneggiatone che aveva come protagonista Burt Lancaster. Molto bello, per carità, ma uno di quei programmi che in quel momento la Rai non poteva permettersi e che fece lo stesso sacrificando molti programmi minori che andavano a costituire l’ossatura del palinsesto. Ma, del resto, si era ancora in regime di monopolio e la Rai faceva quello che voleva. Ma la crisi stava per arrivare, i venti del Sessantotto avevano cominciato a soffiare anche sulla Rai. La televisione paternalistica e pedagogica di Bernabei, che aveva stimolato lo sviluppo del Paese, aveva fatto il suo tempo (tanto che Bernabei, fiutata l’aria, si era dimesso) e si chiedeva a gran voce una televisione più democratica che desse voce alle idee e alle istanze nuove. Si stava insomma delineando quella che fu chiamata la riforma e che prese corpo proprio nel 1976, sul modello francese, con due reti (alcuni anni dopo si aggiunse la terza) differenziate e in concorrenza (simulata, ovviamente, perché faceva parte della stessa azienda) fra loro. La prima rete era rimasta di stampo cattolico democristiano, la seconda ebbe un orientamento di sinistra. La concorrenza fece molto bene al Paese che fu aiutato nella sua crescita, ai telespettatori perché ebbero programmi nuovi e più vivaci, alla Rai stessa che così si preparò alla grande rivoluzione della nascita della televisione commerciale con cui dovrà fare i conti.
E fece molto bene anche ai fumetti in Tv di cui si innamorò subito Massimo Fichera, il direttore della Seconda Rete. Per fortuna Guido De Maria, Bonvi ed io non avevamo mai smesso di tenere viva la fiamma dei fumetti in Tv, continuando a progettare e a mantenere i rapporti con il mondo degli autori e degli editori. E fu proprio un importante autore, Max Bunker (al secolo Luciano Secchi) che, oltre alla possibilità di acquisire i vari Supereroi (i Fantastici Quattro, L’Uomo Ragno, su tutti) e Alan Ford, il fortunato fumetto da lui inventato, ci suggerì anche il titolo: il programma era più consistente e aveva una durata superiore, per cui bisognava chiamarlo Supergulp! Ci mettemmo a produrre a rotta di collo, inserimmo molti personaggi nuovi e autori che non erano presenti nella prima serie, come Jacovitti e Hugo Pratt, con le sue storie di Corto Maltese, ma anche Tex, il decano dei fumetti italiani. Gli fu trovata una collocazione nuova, per lunghe serie quotidiane, ed era quella della fascia preserale, per intenderci quella che va in onda prima del Telegiornale. Finalmente ci liberammo della figura umana e promovemmo Nick Carter, Patsy e Ten, al ruolo di presentatori. Ora potevamo vantarci di fare un vero programma di fumetti. Il successo fu travolgente e possiamo dire che a distanza di oltre quarant'anni la memoria di Supergulp! è ancora viva.
I fumetti in Tv andarono in onda fino al 1981. Li facemmo morire Guido ed io, di comune accordo, quando ci accorgemmo che il video si stava inondando di pessimi cartoni animati giapponesi e coreani che stavano rovinando il gusto delle nuove generazioni. Applicammo alla televisione una legge della circolazione monetaria: in caso di circolazione di due monete, la moneta cattiva caccia sempre quelle buona. E noi, che sentivamo di essere la moneta buona, non potevamo subire l’onta di essere cacciati da Ufo Robot. Quindi facemmo come Greta Garbo, ci ritirammo dal mercato prima di subire le ingiurie del tempo.
GIANCARLO GOVERNI
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